
Negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera e propria esplosione di libri dedicati alla lettura, che siano le proprie letture di bambina e poi di adulta, che siano i libri che ci hanno formato, ammaliato con la propria grandezza e originalità, e reso quello che siamo. Trasuda amore per i libri, tanto da rendere reale il sogno di aprire una libreria in un piccolo cottage di un borgo della Toscana La libreria sulla collina (Einaudi, 2022) di Alba Donati. In quello che si rivela un avvincente diario della progettazione e poi realizzazione della piccola libreria ‘Sopra la Penna’ a Lucignana, iniziato con un crowfunding nel dicembre del 2019 e portato a termine grazie all’aiuto di tutta la comunità lucignanese e di una rete di amici e appassionati, Alba Donati riversa la propria competenza di poeta e di studiosa: ciascuna giornata del diario è conclusa dai libri venduti quel giorno, da Pia Pera a Christa Wolf, da Emily Dickinson a Simone De Beauvoir, con un invito irresistibile a seguire le sue tracce e caricarsi mente e anima di tesori. Sandra Petrignani e Bianca Pitzorno, la prima con Leggere gli uomini (Laterza, 2021), la seconda con Donna con libro. Autoritratto delle mie letture (Salani, 2022) compiono un’analoga operazione doppia: dell’ammirazione per la scrittura e il libro in sé e come specchio di sé. Come scrive Manuela Altruda nel recensire il primo dei due libri, con “esercizi di ammirazione e scatti di rabbia, attraverso memorabili citazioni, Sandra Petrignani ci porta dentro tante pagine indimenticabili, da Dumas a Roth, da Pavese a Proust, da Calvino a Tolstoj, da Gary a Dostoevskij, da Moravia a Mann, da Manganelli a Kundera, da Malerba a Čechov, da Nabokov a Chatwin, da Tabucchi a Kafka e a mille altri”. Per scoprire quanto gli uomini siano simili e diversi da noi, quanto gli scrittori amati ci abbiano rese le scrittrici che siamo. Ma vengo all’ultimo libro speciale di Giulia Caminito, Amatissime, (Giulio Perrone Editore, 2022) in cui la giovane autrice di L’acqua del lago non è mai dolce (Bompiani, 2021), o di La grande A (Giunti, 2016), rende omaggio alle madri letterarie e al nostro eterno debito di amore e venerazione. Ne sceglie cinque, le più care: Elsa Morante, Paola Masino, Natalia Ginzburg, Laudomia Bonanni e Livia De Stefani. Con loro intreccia da subito un dialogo impossibile, appassionato e autobiografico, in cui ciascuna amatissima occupa e rispecchia una fase della vita di Giulia. Elsa Morante è, per esempio, il ricordo di una grande foto della scrittrice sopra la scrivania della madre, che si laureò con una tesi su di lei. Madre doppia dunque, e doppiamente temibile. Giulia si accosta alla scrittrice da bambina, ce ne racconta i riccetti ribelli e i primi amori letterari, le prime scritture, storie di bambole, analoghe a quelle che Lena e Lenù si scambiavano nel primo libro di Ferrante, L’amica geniale. Genio e spiritello malefico è Elsa, pronta a ficcare la punta del suo ombrello in faccia a chi osi accostarsi troppo alle sue imprevedibili stranezze, al suo mondo interiore labirintico e favoloso. Paola Masino invece è nei vestiti: gli abiti usati della sorella, gli abiti anni Ottanta di Giulia, il ricordo di tutti quelli che hanno rivestito la sua vita, nel recentemente ripubblicato Album di vestiti (Elliot, 2015). E con Paola Masino Giulia Caminito inaugura la serie delle amatissime recuperate, la schiera di valenti scrittrici dimenticate e uscite fuori dal canone letterario, ma che invece amarono e influenzarono la storia letteraria italiana, verso cui si rivolge la curiosità e l’amore delle giovani scrittrici di oggi. Al lavoro di editor di Giulia si affianca in parallelo una giovane Natalia Ginzburg, sofferente e umanissima, scopritrice di talenti e valida traduttrice per Einaudi, dopo la perdita precoce del marito Leone. Infine le due outsider, recentemente riscoperte e ripubblicate da case editrici coraggiose e sensibili come Cliquot, Laudomia Bonanni e Livia De Stefani. La Bonanni appare irrequieta anticipatrice di temi quanto mai attuali come il desiderio ambivalente di maternità, la violenza familiare, lo svantaggio sociale che pesa sulle donne e sui ragazzi del dopoguerra, la questione delle droghe e quella della solitudine dell’intellettuale che sceglie l’inappartenenza. Da insegnante aquilana a lungo impegnata in scuole di piccoli comuni di montagna, in quella frontiera di isolamento, freddo e miseria che il secondo dopoguerra aveva lasciato in eredità, soprattutto nei bambini che lei aiuterà e avrà sempre nel cuore, persino quando “delinquono”, e che seguirà nei Tribunali minorili come Giudice laico, Laudomia si accosta a Roma, ne frequenterà, grazie al successo dei primi romanzi, i salotti intellettuali, come quello di Maria Bellonci e degli Amici della Domenica, da cui nacque il Premio Strega, vinto da lei per l’inedito con i racconti de Il fosso, nel 1948. Caminito ne segue le vicende e i misteri, come quello della mancata accettazione da parte delle case editrici Mondadori e Bompiani, dell’ultimo romanzo della scrittrice, La rappresaglia, romanzo quanto mai amaro e simbolico delle ferite inferte dalla guerra e del prezzo pagato soprattutto dalle donne. Infine, tra i sei scatoloni di carte private della scrittrice De Stefani, “entusiasta per il tesoro e atterrita dal patrimonio”, Giulia Caminito assume su di sé il peso e la responsabilità di una vita di donna, tutta in quelle carte, “chilogrammi di vita” di una donna artista, che ci chiedono di non essere dimenticati, di essere riportati alla vita letteraria e alla dignità di patrimonio di noi donne tutte e uomini di oggi. Un libro, questo di Giulia Caminito, che ci insegna l’amore per la lettura delle scritture femminili come patrimonio immateriale della comunità, guida affettiva a una cultura letteraria più consapevole, profonda e carica di futuro.
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